Ovvero: la sincerità paga.
Paga un contratto di tre mesi, da qui a febbraio, prima che scatti la maternità obbligatoria.
Nello studio bellissimo, a 8 minuti da casa.
Si, anche se sono incinta.
Si, anche se sanno che sono incinta.
Incredibile!
Inizio dopodomani. E già mi sento in colpa per la mia bimba, che ha solo tre anni e quattro mesi e che per un po' vedrò solo dopo le sette, mentre negli ultimi tempi stava sempre con me.
Ma siccome questo è un blog sul lavoro e non sulla maternità, non parlerò oltre delle difficoltà di conciliazione lavoro-famiglia-sensi di colpa.
E poi? E poi avrò la maternità garantita dall'Inps, perché avrò un rapporto di lavoro finito 60 giorni prima della maternità obbligatoria.
E poi? E poi nessuno lo sa, non so io come e quando vorrò ricominciare a lavorare, come potrò organizzarmi, né i miei nuovi datori di lavoro me lo chiedono. Un passo alla volta. Per ora il primo step è "vediamo come ci troviamo".
Ho già l'ansia da primo giorno di scuola.
martedì 27 novembre 2012
venerdì 23 novembre 2012
Piccolo aggiornamento
Ho parlato con la titolare dello studio. Col cuore in gola, le ho detto che sono sempre super interessata alla loro ricerca, ma non posso non dirle che aspetto un bambino. Che potrei lavorare al massimo fino a marzo o aprile.
Lei mi ha detto che ci doveva pensare un po', che mi ringraziava per la sincerità, e che mi richiamava lunedì.
Mi sembrava già un bel risultato: almeno non era un no secco e deciso.
Invece mi ha chiamato dopo un quarto d'ora, dicendo: vediamoci martedì come avevamo detto, che ne parliamo.
Qualunque cosa succeda, è già un successone!
Nb grazie per il vostro sostegno!
Lei mi ha detto che ci doveva pensare un po', che mi ringraziava per la sincerità, e che mi richiamava lunedì.
Mi sembrava già un bel risultato: almeno non era un no secco e deciso.
Invece mi ha chiamato dopo un quarto d'ora, dicendo: vediamoci martedì come avevamo detto, che ne parliamo.
Qualunque cosa succeda, è già un successone!
Nb grazie per il vostro sostegno!
Vorrei una favola a lieto fine
Ecco. È successo proprio quel che desideravo tanto, anzi che temevo, e adesso sono in una tempesta di emozioni contrastanti che ben si abbinano con l'ormone sguinzagliato delle gravide e mi mette ko.
Per farla breve, mi hanno richiamato.
Il lavoro della mia vita, a 8 minuti da casa mia, mi ha richiamato per un secondo colloquio.
E io lo so, lo so che sono la persona giusta per loro. E nella mia presunzione, penso anche che questo colloquio possa, con buona probabilità, terminare con le fotocopie di carta d'identità e codice fiscale, ovvero con un contratto.
Mi sono accordata per vederci martedì.
Poi, dopo 10 minuti, li ho richiamati. Di aspettare fino a martedì non ne ho voglia.
Li ho richiamati per dire loro che aspetto un bebè, e anche se darei il braccio destro per quel lavoro, di iniziare nascondendo una cosa del genere non me la sento.
Naturalmente non c'era la persona con cui dovrei parlare, quindi ho solo lasciato detto che mi richiamino lunedì, che dobbiamo parlare di una cosa importante che forse annulla il colloquio di martedì.
Merda.
Merda merda.
Come vorrei che questa storia finisse come nei film, con loro che, stupefatte dalla mia correttezza, mi prendono lo stesso e durante quei 5/6/7 mesi di assenza si arrangiano. E io invecchio in quello studio, e chiudo il blog perché di precario non c'è più niente nella mia vita.
E invece finirà che diranno ah, ok, grazie per averlo detto e passeranno al prossimo candidato.
Per farla breve, mi hanno richiamato.
Il lavoro della mia vita, a 8 minuti da casa mia, mi ha richiamato per un secondo colloquio.
E io lo so, lo so che sono la persona giusta per loro. E nella mia presunzione, penso anche che questo colloquio possa, con buona probabilità, terminare con le fotocopie di carta d'identità e codice fiscale, ovvero con un contratto.
Mi sono accordata per vederci martedì.
Poi, dopo 10 minuti, li ho richiamati. Di aspettare fino a martedì non ne ho voglia.
Li ho richiamati per dire loro che aspetto un bebè, e anche se darei il braccio destro per quel lavoro, di iniziare nascondendo una cosa del genere non me la sento.
Naturalmente non c'era la persona con cui dovrei parlare, quindi ho solo lasciato detto che mi richiamino lunedì, che dobbiamo parlare di una cosa importante che forse annulla il colloquio di martedì.
Merda.
Merda merda.
Come vorrei che questa storia finisse come nei film, con loro che, stupefatte dalla mia correttezza, mi prendono lo stesso e durante quei 5/6/7 mesi di assenza si arrangiano. E io invecchio in quello studio, e chiudo il blog perché di precario non c'è più niente nella mia vita.
E invece finirà che diranno ah, ok, grazie per averlo detto e passeranno al prossimo candidato.
mercoledì 21 novembre 2012
Cosa dire a un colloquio quando sei incinta
Ovvero: il piano C
Succede che chiama la titolare di uno studio di paghe.
Mi dice: "Sai fare le paghe?"
"Non in autonomia, ma ho iniziato a occuparmene".
"Vieni domani a fare un colloquio?"
Io, che per 5 anni ho lavorato in ufficio personale, e che darei la mia mano destra per entrare nel mondo "paghe e contributi", accetto.
Accetto e mi guardo la pancia, che è abitata da tre mesi.
Succede che chiama la titolare di uno studio di paghe.
Mi dice: "Sai fare le paghe?"
"Non in autonomia, ma ho iniziato a occuparmene".
"Vieni domani a fare un colloquio?"
Io, che per 5 anni ho lavorato in ufficio personale, e che darei la mia mano destra per entrare nel mondo "paghe e contributi", accetto.
Accetto e mi guardo la pancia, che è abitata da tre mesi.
giovedì 8 novembre 2012
Obama
Primavera 2009.
Un ragazzo africano, forse ghanese, viene a fare domanda di lavoro. Porta una t-shirt con la bandiera statunitense e lo slogan "Yes, we can".
La collega n, 1, reduce da un anno e mezzo a New York, si precipita a fargli compilare il modulo, parlandogli con entusiasmo in inglese.
Io invece che l'inglese... ehm, capisco parole sparse tra cui "Obama", "hope" e "future".
La collega n. 2, seria, commenta la maglietta.
"Yes, we can... ma non era Yes, weekend?"
lunedì 5 novembre 2012
Nuovi colleghi/2
[Tanto tempo fa]
Alcuni giorni dopo, stesso posto di lavoro.
La ragazza dell'ufficio contratti è incinta di poche settimane. Ha fatto alcuni giorni di malattia per una minaccia d'aborto; ora è tornata, e gli accordi sono che quando vuole può prendersi alcune ore di ferie per riposare, anche senza preavviso.
Il mese precedente avevo avuto qualche problema con il suo cartellino. Non c'è un orologio marcatempo, e tutti noi compiliamo un foglio di Excel per segnare le presenze.
Lei è una persona di fiducia e non dubito della sua buona fede: forse ha compilato tutto il foglio solo il 31, fatto sta che ha segnato di aver lavorato in un giorno festivo, e anche in un altro giorno per cui aveva mandato una mail avvisando che aveva una visita medica. Alle mie richieste di chiarimento, aveva un po' faticato a ricordare.
Esce dal bagno, infila la testa dentro il mio ufficietto di cartongesso e mi dice: "Io sono stanca. Vado a casa".
"Ok", rispondo, guardo l'orologio e mi appunto l'ora.
Inizia a urlare.
"Io sono la responsabile dell'ufficio! Non puoi trattarmi così!"
"Nonono", cerco di rimediare io, "è solo che poi a fine mese si fa fatica a ricordare tutto..."
"Con tutto quello che faccio per l'aziendaaaa! E poi se lo fai, ci sarà qualcuno che te l'ha dettoooo!"
E se ne va.
Io la sento sbraitare sulle scale, aspetto qualche secondo e poi la chiamo al telefono interno.
"Guarda che nessuno me l'ha chiesto, è solo per..."
Mi mette giù.
La richiamo.
"Non mi chiudere il telefono in faccia. Ti dicevo che è meglio per tutti se c'è chiarezza nelle ore di ferie che ti fai"
"Ma pensa teee! Io da casa lavoro lo stesso e nessuno lo prende in considerazioneee! Comunque vado a casa, sono stanca".
Passo la notte a rimuginare sulla faccenda.
Ho fatto una gaffe, anche se in buona fede: mi sembra che non ci sia nulla di male ad annotarsi le assenze delle persone, soprattutto se si fanno molte ore di ferie, sparse nel mese, in orari diversi.
Ci sono posti, ho scoperto poi, dove i quadri si prendono la briga di telefonare all'ufficio personale per avvisare che escono. Gente che non è nemmeno tenuta a marcare e che per correttezza si fa viva - così magari gli sistemi tu il cartellino, che a loro scoccia anche un po' annotare le ferie.
Ma sono arrivata nel nuovo posto di lavoro da un mesetto, devo ancora ambientarmi. Dopo tutto, sono solo alcuni giorni che l'altra collega mi ha preso a male parole perché il capo l'ha richiamata.
Rimugino, mi preparo un discorsetto per la collega, che mi sembra persona intelligente e di sicuro domani vorrà ascoltarmi con calma.
Il mattino dopo la collega non c'è, in compenso nel fax c'è un certificato di malattia.
Dopo una settimana, la malattia si trasforma in maternità anticipata.
Alcuni giorni dopo, stesso posto di lavoro.
La ragazza dell'ufficio contratti è incinta di poche settimane. Ha fatto alcuni giorni di malattia per una minaccia d'aborto; ora è tornata, e gli accordi sono che quando vuole può prendersi alcune ore di ferie per riposare, anche senza preavviso.
Il mese precedente avevo avuto qualche problema con il suo cartellino. Non c'è un orologio marcatempo, e tutti noi compiliamo un foglio di Excel per segnare le presenze.
Lei è una persona di fiducia e non dubito della sua buona fede: forse ha compilato tutto il foglio solo il 31, fatto sta che ha segnato di aver lavorato in un giorno festivo, e anche in un altro giorno per cui aveva mandato una mail avvisando che aveva una visita medica. Alle mie richieste di chiarimento, aveva un po' faticato a ricordare.
Esce dal bagno, infila la testa dentro il mio ufficietto di cartongesso e mi dice: "Io sono stanca. Vado a casa".
"Ok", rispondo, guardo l'orologio e mi appunto l'ora.
Inizia a urlare.
"Io sono la responsabile dell'ufficio! Non puoi trattarmi così!"
"Nonono", cerco di rimediare io, "è solo che poi a fine mese si fa fatica a ricordare tutto..."
"Con tutto quello che faccio per l'aziendaaaa! E poi se lo fai, ci sarà qualcuno che te l'ha dettoooo!"
E se ne va.
Io la sento sbraitare sulle scale, aspetto qualche secondo e poi la chiamo al telefono interno.
"Guarda che nessuno me l'ha chiesto, è solo per..."
Mi mette giù.
La richiamo.
"Non mi chiudere il telefono in faccia. Ti dicevo che è meglio per tutti se c'è chiarezza nelle ore di ferie che ti fai"
"Ma pensa teee! Io da casa lavoro lo stesso e nessuno lo prende in considerazioneee! Comunque vado a casa, sono stanca".
Passo la notte a rimuginare sulla faccenda.
Ho fatto una gaffe, anche se in buona fede: mi sembra che non ci sia nulla di male ad annotarsi le assenze delle persone, soprattutto se si fanno molte ore di ferie, sparse nel mese, in orari diversi.
Ci sono posti, ho scoperto poi, dove i quadri si prendono la briga di telefonare all'ufficio personale per avvisare che escono. Gente che non è nemmeno tenuta a marcare e che per correttezza si fa viva - così magari gli sistemi tu il cartellino, che a loro scoccia anche un po' annotare le ferie.
Ma sono arrivata nel nuovo posto di lavoro da un mesetto, devo ancora ambientarmi. Dopo tutto, sono solo alcuni giorni che l'altra collega mi ha preso a male parole perché il capo l'ha richiamata.
Rimugino, mi preparo un discorsetto per la collega, che mi sembra persona intelligente e di sicuro domani vorrà ascoltarmi con calma.
Il mattino dopo la collega non c'è, in compenso nel fax c'è un certificato di malattia.
Dopo una settimana, la malattia si trasforma in maternità anticipata.
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