mercoledì 16 gennaio 2013

Sindacato

Un sindacato scrive a un'azienda chiedendo i dati dei suoi iscritti.

È prassi comune, ma mi sorprende sempre. Insomma, sono i tuoi iscritti, non hai un database?

E poi chiede alcuni dati dell'azienda, così per completare le anagrafiche. Ragione sociale, numero di telefono, contratto applicato, numero degli addetti, divisi in operai, impiegati, quadri, dirigenti, "int" (suppongo interinali, anche se da un po' si chiamano somministrati).
E basta.
No scusa, ma i cocopro? I cococo? I precari più precari di tutti, quelli non vale la pena di censirli?

Ma sono io ingenua, che penso che i sindacati servano per difendere i diritti dei lavoratori?

lunedì 14 gennaio 2013

Della cattiva nomea dei dipendenti pubblici

Con sentenza n. 20857/2012, la Corte di Cassazione ha affermato che il dipendente pubblico non può esercitare attività di commesso presso un negozio di una parente, se non espressamente autorizzato dalla propria Amministrazione, anche se non è prevista la corresponsione di un compenso ed è effettuata in modo discontinuo.

L'aggravante che legittima il licenziamento del lavoratore pubblico, ad avviso della Suprema Corte, sta nel fatto che quest'ultimo prestava la propria attività anche durante l'orario di lavoro e nei periodi di malattia.