martedì 3 gennaio 2012

Il lavoro della mia vita

Ho fatto il colloquio per il lavoro della mia vita.
Una ditta francese (e la conoscenza del francese era gradita, ma chi lo studia a scuola?), con sede a Bologna ma vicino alla stazione dei treni (e io abito vicino alla stazione di Modena). Una job description su misura per me.


ore 13.05 - mi squilla il telefono. Agenzia interinale, avevo risposto a un annuncio. Sono ancora interessata? Certo che sì. Mi rimanda il cv aggiornato, che lo invio in azienda? Subito, sono davanti al pc.
ore 13.23 - richiama l'agenzia. L'azienda ha visionato il cv, sei libera per un colloquio oggi? Penso: così, al volo? Dico: volentieri, a che ora? Alle 15.30, a Bologna.
Quando metto giù sto già consultando l'orario dei treni. Ho un treno alle 14.01. Sono le 13.25. Ce la faccio.

Mi cambio al volo (mica posso andare al colloquio della mia vita in tuta?), metto i tacchi, corro in stazione. Per fortuna il treno è in ritardo di 10 minuti. Mi trucco in treno. Sono in anticipo. Naturalmente non trovo la strada. Cammino avanti e indietro, chiedo a un corriere che passa di lì, e alla fine mi arrendo e chiamo a casa; vengo tele-guidata fino al portone degli uffici. Arrivo puntualissima.

La responsabile è una signora energica, e molto stressata. Mi fa il colloquio in una specie di sgabuzzino, dicendomi che ci sono molte persone in ufficio e non saprebbe dove altro andare. In effetti anche in questa stanzina veniamo interrotte più volte da persone che infilano la testa, chiedono scusa e se ne vanno.
Siamo sedute una di fianco all'altra, su un lato di un tavolino contro il muro. La mancanza di una scrivania tra di noi mi mette un po' a disagio.

Ha bisogno di una figura che la aiuti, di cui fidarsi, con più o meno le mie competenze.
E' un problema la lontananza da casa? No, naturalmente, rispondo.

La mia risposta standard è quella che, secondo me, loro si aspettano. La mia tecnica durante i colloqui, infatti, è cercare di superare la selezione, ed essere poi io a decidere se sono interessata o no.

In realtà, l'idea di avere un'ora di treno tutta per me, durante la quale leggere o ascoltare musica (o dormire) mi entusiasma. Tornare a casa alle 19 tutti i giorni un po' meno, sono pur sempre una mamma coi sensi di colpa innestati geneticamente.

Lei mi scruta, il viso ansioso, sta cercando di capire quanto sia sincera, quanto sia disponibile.

Mi fa capire che sta lavorando troppo, che ha un figlio piccolo, che si dovrebbe occupare d'altro e invece sta controllando il lavoro delle sue sottoposte. Probabilmente, penso, ha bisogno di ferie.

Conclude con il classico: le farò sapere.

Pochi giorni dopo mi fissano un altro colloquio con l'Amministratore delegato. Sono gasatissima.

Appena arrivo in ditta, la responsabile con cui ho parlato l'altra volta si avvicina e mi dice, con fare cospiratorio, che "lui" vuole vedermi da sola. E fa una cosa che mi spiazza: mi dà dei consigli. Sii solare. Sii te stessa. Ti chiederà la tua disponibilità oraria, rispondi quello che ci siamo già dette.
Immagino che stia facendo il tifo per me. Anche adesso mi scruta, ansiosa, mentre io sono contenta: vuol dire che la prima selezione, la sua, l'ho passata a pieni voti.

Ed ecco "lui". Si presenta, e ovviamente non colgo il nome. E' fvancese. E' giovanissimo.
Mi porta nella sala riunione, con le pareti di vetro, da cui si vede l'open space degli uffici. Ecco perché l'altro giorno sono stata nello stanzino: in realtà non ci sono pareti negli uffici, l'alternativa era solo il bagno delle donne.

Mi dice: nel suo cv c'è un evvove. La data di inizio del suo ultimo lavovo è pvecedente alla data di fine di quello pvima.
Non è un errore. Ero part time, spiego, e ho iniziato il nuovo lavoro durante il periodo di preavviso.
1-0 per me.

Abbiamo cambiato da poco sede, mi racconta, e siamo così vicini alla stazione pev favovive i lavovatovi che si sono tvovati in difficoltà con il tvasfevimento. Nonostante questo, alcuni si sono licenziati. La distanza potvebbe esseve un pvoblema pev lei?
No, naturalmente.
Però insiste: noi fvancesi ci spostiamo dove c'è lavovo. Voi italiani fate tanta stvada pev lavovave, invece.
Senta, dico io. Nella mia città un posto così interessante non l'ho trovato. Se voglio crescere professionalmente qualche sacrificio lo devo fare.
1 pari, mi sa.

Se pavlassi con una sua amica, che cosa divebbe per convincevmi ad assumevla?
Penso: a parte la erre, complimenti per l'italiano. Sarò provinciale ma mi stupisco davanti all'ottima conoscenza della consecutio tempurum di quest'uomo.
Rispondo con le classiche virtù dell'impiegata: sono affidabile, naturalmente orientata al problem solving, bla bla bla...
E questa sua amica mi divebbe di stave attento a che cosa, in fase di insevimento lavorativo?
Esito un attimo. E' la classica domanda "3 pregi - 3difetti", ma non mi ricordo la risposta che mi preparo di solito per i difetti.
Si vicovdi che sto pavlando con la sua amica, non con lei. D'altva pavte non esiste il lavovatore pevfetto, o fovse c'è ma si chiama Mavchionne e dubito che vevvebbe qua.
Forse ha problemi a spostarsi a Bologna, rispondo.

Spiego le ragioni delle mie dimissioni dal precedente posto di lavoro. Mi dice: si capisce che ha avuto un'espevienza àmava - àmava o amava?, mi chiede. E' l'unico errore di italiano che fa.

Mi congeda dicendo: vilevo due fvagilità in lei. La distanza da casa e la pvepavazione avvenuta "sul campo".
Ammiro quest'uomo. In 20 minuti ha capito tutto di me.

Mi accompagna alla porta, ci intercetta la responsabile che si offre di congedarmi.
Mi chiede sottovoce come è andata. Bene, dico io, mi è piaciuto tantissimo.
Ops, forse non intendeva sapere se lui mi è piaciuto ma piuttosto se io sono piaciuta a lui.
Le dico che probabilmente ha qualche perplessità sulla distanza.
Adesso ci parlo io, è stata l'ultima cosa che mi ha detto prima di salutarmi.

2 commenti:

  1. ehilà! trovo finalmente il tempo di leggere il tuo blog. molto interessante! in bocca al lupo per il nuovo lavoro... ovviamente voglio sapere come va a finire!

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  2. Paola, che piacere trovarti qua!
    Ahi ahi ahi, vedo che anche tu hai interpretato come me, che pensavo di avere il lavoro praticamente in tasca. E invece nada, avrebbero dovuto "inserire la nuova risorsa", come si dice, prima di Natale. In realtà, sotto sotto, le vacanze di Natale avevo piacere di trascorrerle in famiglia. Evidentemente il sig. Villeneuve, come l'ho ribattezzato non cogliendo il suo nome, sa anche leggere nel pensiero, anche se non coglie le sfumature; fatto sta che non mi hanno chiamato.

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