mercoledì 28 dicembre 2011

Alla giornata

Mi alzo, mi preparo, preparo la prole, accompagno a scuola, porto fuori il cane, lunga passeggiata con le cuffie nelle orecchie. Lavoro un pochino da casa, cerco annunci di lavoro, aggiorno il blog. Penso alla casa, vado a prendere la prole, mi dedico al lavoro "di cura".

Cerco di tenermi attiva perché ho paura di lasciarmi andare, di non volermi più alzare dal letto, di reagire male a tutto questo tempo libero.
In realtà sono felice come una pasqua perché finalmente mi riposo.


Ero stanca, e tirata da star male. Non tanto per le decine di mail al giorno e le ore al telefono, ma per le tante cose, tutte insieme, da far funzionare, insieme al mal di pancia di tutti i giorni, della pessima organizzazione, dell'improvvisazione, della mancanza di rispetto per i lavoratori, gli utenti, i colleghi. Sono stata buttata nel mucchio, senza affiancamento, senza una persona a cui far riferimento, con colleghi che mi guardavano in cagnesco o che erano fuori di testa, e per questo fatti fuori senza troppi complimenti e senza preoccuparsi di chi sarebbe arrivato in seguito. Ogni giorno mi erano affidate (scaricate?) nuove cose, senza prendersi la briga di spiegarmele, o almeno di dirmi chiaramente: "d'ora in avanti te ne occupi tu".

Mi svegliavo col mal di stomaco, andavo a letto incazzata, e passavo la domenica a rosicchiarmi le unghie pensando al giorno dopo.
Ci ho provato.
Ho fatto del mio meglio, per come so fare e per quel che sono.
Ho provato a dare il 110%, senza mai alzarmi dalla sedia.
Ho provato a non pensare a quello che mi succedeva intorno, ma solo a quello che dovevo fare, acriticamente, per dormire meglio la notte.
Ho provato a parlare col capo, a dire che così non va, che non ci si comporta così.
Ho provato a scavalcare il capo, a parlare con chi viene ascoltato da lui, per manifestare la mia preoccupazione.
Ho preso in mano mille situazioni, cercando di ritrovare il filo, di incalzare, di suggerire soluzioni.
Ho provato a dirmi che dovevo darmi tempo.

La prima volta che ho controllato il contratto collettivo nazionale, per capire che periodo di preavviso dovevo dare per andarmene, avevo appena appena finito il periodo di prova. Da allora la situazione non è migliorata.

Adesso mi sembra un sogno passeggiare col cane e ascoltare la musica nelle cuffie senza pensare a niente, se non a riprendermi.
Cè una canzone che mi piace particolarmente e che ho scoperto nell'ultimo mese. Non riesco più a sentirla perché l'associo a questo periodo così duro. Quando riuscirò di nuovo ad ascoltarla vorrà dire che la convalescenza è finita.


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