mercoledì 9 maggio 2012

Lavoratori vs lavoratori

(C'è qualcosa di più straniante del lasciare un amico a parlare alla segreteria telefonica e tornarsene in un'altra stanza, mentre lo senti gracchiare in lontananza? Ma come diceva Vasco, oggi non ho tempo, oggi voglio restare spento)

 Nell'industria metalmeccanica dove (per) ora lavoro, esistono e sono frequenti degli appuntamenti per me inediti: le assemblee sindacali retribuite.
Voglio dire, tutti quanti si può smettere di lavorare, si va ad ascoltare e si viene anche pagati?

Durante una di queste è stato chiamato a partecipare un sindacalista della CGIL che si occupa di precariato. Un  intervento solo, 10 minuti prima della fine dell'assemblea, in cui ha parlato dell'assistenza rivolta ai precari in azienda.
Suggeriva che chi lavora come interinale e ha bisogno anche solo di farsi controllare la busta paga, lo contattasse tramite il rappresentante sindacale interno.
Già alla seconda frase metà della sala si è alzata e se ne è andata.

Ora. Contestualizzo.
Erano presenti diciamo tra i 50 e i 100 lavoratori (non sono brava a quantificare e rimango su vago).
Praticamente tutti operai, e moltissimi di vecchia data.
All'ordine del giorno c'era la proposta dell'azienda per la pianificazione della chiusura collettiva, e si trattava di decidere se accettarla o no (anche se, diciamola tutta, quando un'azienda decide di interrompere l'attività intorno a ferragosto non è che ci sia poi tanto da contrattare, secondo me).
Il ricorso al lavoro interinale avviene piuttosto di frequente, anche con contratti rinnovati più volte, e per molti mesi, e questo i rappresentanti sindacali lo sanno - sono informati dalla direzione sugli inserimenti delle nuove risorse.

Tuttavia.
Dei precari non interessa a nessuno.
Se non ai precari stessi, è ovvio. Nemmeno ai colleghi con cui condividono spogliatoi, mensa e banco di lavoro, ma non il posto fisso.
E questa mancanza di solidarietà, anche tra le tute blu, anche tra i più sindacalizzati di loro, che si prendono la briga di andare ad assistere all'assemblea per parlare di niente - non di un comportamento antisindacale del "padrone", non di una contrattazione di migliori condizioni di lavoro, solo se andava bene chiudere a ferragosto - mi ha molto infastidito.
Stiamo parlando di un'azienda dove il delegato sindacale si rammarica perché agli scioperi (almeno uno al mese, in questo periodo di riforma del lavoro) partecipa ormai meno del 50% dei lavoratori.


Poi ho letto un articolo divulgativo di poche righe. Partendo dall'idea che i precari sono stimolati a lavorare meglio e di più per conquistarsi il famigerato posto fisso, si propone di incentivare i lavoratori rendendo meno stabili alcuni benefit.
Certo non rendendo tutti precari, ma diciamo fare in modo che alcuni traguardi raggiunti non siano intoccabili per sempre; così come si possono raggiungere, poniamo, con i meriti, così si possono perdere con un rendimento in calo.
In questo momento non esistono meccanismi simili; un aumento, una volta ottenuto, non è trattabile; le uniche azioni contro un lavoratore sono disciplinari a fronte di gravi mancanze, o anche lievi e ripetute (ad esempio, i ritardi).
Voglio anche specificare un'altra cosa: sto parlando di legalità. Non parlo di mobbing, non parlo di pressioni improprie per clima ultracompetitivi, o per capi stronzi che nella "giornata no" si permettono di darti dell'imbecille.
Mi ritrovo, mio malgrado, a condividere alcune osservazioni con l'autore.
Certo non sono così convinta che essere per mesi o per anni sul filo di lana della precarietà porti davvero a dare il meglio di sè, per due motivi: uno, che il lavoratore rende di più se si sente gratificato da un'azienda, che magari gli riconosce i suoi meriti e non se lo vuol far scappare, piuttosto che se si sente  preso per il culo da chi gli interrompe il contratto due volte all'anno, a natale e ad agosto; due, che in fin dei conti una persona la motivazione a lavorare bene ce l'ha dentro. O non ce l'ha.

Certo mi piacerebbe che la gente, in generale, focalizzasse di più che ha una grande fortuna a lavorare. Magari si può pensare di lavorare meglio. O meno ore. O con mansioni diverse e avendo a che fare con gente più simpatica. Però non si deve perdere di vista il fatto che si tratta di uno scambio, e se tu cerchi di fregare l'azienda, dando il meno possibile e avendo puntuale lo stipendio al 10 del mese, ci rimette anche il collega, che è così stronzo che per la stessa paga fa quello che c'è da fare e arriva anche puntuale.

2 commenti:

  1. orrore, questa cosa dei benefit meno stabili mi sembra un modo piuttosto subdolo (ma ormai molto radicato) di usare il fantasma della precarietà per erodere i diritti... Convincono il precario, che tanto ai diritti non ci arriverà mai, che non vale la pena di battersi perché vengano mantenuti. E convincono il non precario che, se vuole evitare di finire licenziato, o anche "solo" per solidarietà con i precari, deve rinunciare a qualcosa.

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  2. Guarda, io parlo solo di benefit già aggiudicati, non di diritti acquisiti come tali.
    Provengo da un'azienda che non integrava la malattia. Sai che la malattia la paga l'inps, no? Ma non i primi tre giorni. E dal 3* al 20* paga al 50%. Insomma, vengo da questa ditta dove se ti ammali una settimana sei pagato solo un giorno. E mi ritrovo in questa nuova, dove grazie al cielo si hanno tutti i diritti, e in più 8 ore l'anno per fare visite mediche, la mensa pagata all'80%, un premio aziendale importante, il rimborso dell'abbonamento extraurbano se abiti a più di 12 km dalla ditta.... E proprio oggi ho trovato chi si lamentava perché è andato a casa sentendosi male e gli è stato chiesto il certificato medico.
    Ecco. Non dico che bisogna rendere tutti precari; dico che non bisogna dare tutto per scontato. Tutto qui.

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